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NOME D’ARTE            Pardue

DATI ANAGRAFICI      nato a Darsenaville (Zaire) il 23/03/1956. Assunse inizialmente il nome di PardUno, poi il 27/05/59 nacque quell’altro Marco Pardini – ora PardOne – e così a 3 anni e 2 mesi e 4 giorni ebbe la prima retrocessione: da Parduno a Pardue, uno smacco che segnò profondamente la sua vita facendolo sentire sempre Uno di serie B.

CHE ALTRO CAPITO’  quel giorno lì il Pakistan venne proclamato repubblica islamica e il Sudan divenne stato indipendente. Ma anche quelle lì erano nazioni secondarie, paesi che c’avevano un PIL inferiore al reddito di Geppe ‘o farfugliao un parcheggiatore abusivo di chiare origini brasiliane che operava a Castelnuovo Garfagnana durante la sagra del castagnaccio. Che il 23/03/56 erano successi questi fatti in Pakistan e Sudan alla maggior parte della gente n’importò una sega. Anche ora se parli a qualcuno di Pakistan sa una sega dov’è e pensa subito a roba da spinellarsi. Quanto al Sudan se ni dicessi a mi’ madre che vado in Sudan mi direbbe “…si va bè, però poi quando hai smesso (di sudà) copriti sennò pigli delle frescate”.

CO-COMPLEANNI       il 23/03 sono nati anche Corinne Clery (’50), che è l’unica che meriti un po’ d’attenzione, Battiato (’45) che è triste come un lunedì mattina di novembre successivo a una sconfitta casalinga del Viareggio e Akira Kurosawa (1910) regista giapponese noto per i suoi film interminabili che se te cominciavi a guardallo attaccando le caccole sotto il tavolo quando scorrevano i titoli di coda il tavolino aveva 5 gambi.

Quel giorno lì è nato anche Go-kogon (1338-1374) imperatore anch’egli giapponese che diventò famoso per aver fatto la prima autorete nella storia del mondo venendo anch’egli degradato a servo della gleba di terza categoria ed obbligato (i nipponici son tremendi) a fare il primo uomo della barriera fino alla fine dei suoi giorni senza poter toccare la palla né con i piedi, né con la testa, né col petto, né con le cosce.

Lui obbedì – in pratica poteva solo prendere pallonate nei coglioni – ma con l’animo da kamikaze propenso al harakiri, distrutto dal dispiacere per non aver potuto mai fare neanche il vicecapitano-non-giocatore, si suicidò a 36 anni chiudendosi ripetutamente la testa tra il frigorifero e lo sportello.

IL NOSTRO EROE       Il nostro eroe invece (parlo del Pardue) comprese dell’anatema della data di nascita e cercò subito di scrollarsi di dosso l’etichetta dello sculato, dello sfigato, del “retrocesso for ever” insomma.

A quattro anni s’imbarcò come mozzo su una piroga in vimini costruita da un cantiere edile al Varignano, prese il mare salpando dal canale Burlamacca all’altezza dell’autolavaggio a fianco all’ex Snitz e andò in cerca di fortuna.

Era il 1957, i Beatles erano dei bimbetti più dediti alle seghe che alle chitarre (Ringo Starr invece si fissò coi biscotti e con le conserve di pelati. I biscotti si chiamavano “Ringo” e i pomodori erano della Star), il Pardue giunto in bocchetta virò a tribordo e iniziò la sua scalata irresistibile tra la Gente di mare.

Come tutti i marinai fece di tutto.

Dopo 22 anni da mozzo, un comandante prossimo alla pensione con gravi problemi di vista, lo promosse facendogli fare i turni di 23 ore al giorno sulla coffa. Il problema è che, per motivi di sicurezza, il corrimano della coffa era alto un metro e 40 e quindi per il nostro eroe era come essere prigioniero della stiva: non vedeva nulla. Il comandante, che era anche sordo, non ci credette e ce lo lasciò. Durante una tempesta la scala d’accesso alla coffa si sganciò, picchiò sulla tempia del comandante e tutti e due, scala e comandante, fiondarono in mare per sempre.

ALLA DERIVA              Nei 10 mesi vissuti da solo sulla coffa il nostro eroe s’ingegnò e si nutrì di gabbiani, acqua piovana e pizza mangiastoppa. Nell’ottobre del 1980 una nave da crociera lo recuperò stremato al largo del canale del Mozambico ma poi, dopo averci parlato mezz’oretta, siccome non si chetava più, quelli dell’equipaggio lo ributtarono in mare.

L’AMICIZIA CON GU    Convisse per diversi anni con un cacciatore di squali detto Gu che durante la prima settimana lo trattò come si deve, da persona umana, facendosi raccontare la sua storia, la sua voglia di riscatto, il suo “non voler essere di serie B”. Quando si rese conto che sette giorni ininterrotti di racconto corrispondevano a 48 ore di vita vissuta Gu lo degradò e preferì usarlo come esca. Pur sentendosi retrocesso accettò.

Fu un bel sodalizio, Pardue, in una secca al largo di Maputo, mascherato da quarto di bue, attirava gli squali che si avvicinavano per morderlo, ma lui riusciva a sfruttare tutte le bolle d’aria – è lì che scoprì d’averci le branchie – e la sua dialettica imbriaando di discorsi gli squali che, sorpresi dalla parlantina, lo ascoltavano e, così distratti, venivano catturati dal cacciatore e venduti al mercato per farci il cacciucco.

Nel 1988 il cacciatore morì di overdose di cacciucco e allora il nostro eroe andò a salutare gli squali che però, dispiaciuti, lo presero a lavorare per loro, per alfabetizzarli. In quel periodo Pardue affinò l’uso delle branchie e insegnò agli squali a parlare e a fare di conto. Alcuni squaletti impararono anche a fare le divisioni con due cifre. Stava a giornate sane sott’acqua ma un giorno andò in crisi d’ossigeno sbagliò una moltiplicazione, un pappà-squalo di quelli più pitignini se n’accorse (fece la prova del nove e non tornava), s’incazzò, lo retrocesse a bidello e ni dette un morsotto a un nodello.

IL RITORNO A CASA   La C.M.M. (Cassa Marittima di Maputo) vista la ferita ni diede un mese di convalescenza, venne a Viareggio e, mentre passeggiava sul molo, venne notato da Tito del Molo che lo assunse a lavorà nell’acquario. Sfruttando le sue capacità di apnea faceva i colloqui ai pesci, agli sparnocchi e soprattutto all’aragoste selezionandoli e insegnando loro come comportarsi per farsi sceglie dai pistoiesi che loro riconoscevano per via che lui n’aveva detto che avevano i calzini corti.

I GIORNI NOSTRI        Oggi, nel 2011, Pardue ha imparato a convivere con la sua condizione perenne di retrocesso, di degradato. Questo cazzo di Marco Pardini UNO lo condiziona ancora un po’ ma ora c’è un altro versante che gli dà delle soddisfazioni, che gli fa annusare il sottile gusto del “qui primeggio io”. E’ il versante del Pandorito, una china che lui ha salito con estrema forza di volontà, come quando sopravvisse sulla coffa, sott’acqua, come quando domò gli squali, come quando insegnò a un gamberetto a fare l’inchino… “C’è il Pandorito, cazzo sono primo! Cazzo sono PardUNO!” ha detto per un paio di mesi.

Poi s’è imbarcato e il Sodomax l’ha sopravanzato, e lui è tornato ParDue, il degradato…

Infine l’atroce notizia: è venuto a gioà anche Guido, il figliolo del PardUno, c’è il rischio concreto che Pardue diventi ParTRE…