Il liquido della verità di Francè per sapè se era gol o no porta a sconvolgenti verità:
TUCCI: IL VERO ERIBERTO SONO IO
Prime conferme da Cuba, è tutto nero. Tumulti durante il Consiglio Federale. Il Pezzini: siamo persone grandi e non vedo difficoltà ad accettare il verdetto. Kofi Annan ha mediato con l’Aiazzi. Blix ha perquisito casa del Donzy.
Al Sire ni manca Ginulfi per finì l’album. A Beppe Mascalaito. Omologato il 3-3.



dal ns. corrispondente Candido No-vve-po’

L’ANTEFATTO
Sembrerà un contro-senso ma tutto ha avuto inizio suppergiù alla fine.
Sì, perché erano le 9 abbondanti di un sonnacchioso mercoledì sera di un aprile inutilmente colorato dalle bandiere della pace, stordito dagli avvenimenti in Iraq, dalla  ormai imminente retrocessione del Toro e dalle veniali ciarde volate nel duello Merdone-Turo un paio di giorni prima.
Al Nou Camp d’Aviation le squadre che dovevin gioà dalle 9 alle 10 erin già d’intorno al cancellino pronte per entrà in campo e la partita 607 del Pandorito stava volgendo al termine.


AZIONE ARRUFFATA AL PANDORITO

Quelli che stavino vincendo 3-2 avevino testè sbagliato un gò neanco ‘l maiale: in due deficienti (un paffuto postelegrafonico sosia di Johnny Dorelli ed un oleario esaurito in cariera) s’erin trovati soli in contropiede lanciati da un colpo di una testa monda di un compagno (un segaiolo metalmeccanico navale quattrocchi) contro il portiere avversario (uno scurucciabile geometra con i bulbi piliferi delle spalle particolarmente attivi) lasciato pressochè solo dai sui compagni disperatamente proiettati in avanti alla ricerca del pareggio.
Il geometra, i cui parenti olandesi sono proprietari di una famosa squadra di calcio (l’Ajaz), dopo aver assistito impotente (NDR: non mi riferisco al billo) al pallonetto comunque fuori misura del Sodone, ha “forse” scambiato il pallone con un grezzo commerciante di Toredellago (tale Nanni) ed un pianista-di-piano-bar (tale Emilio), poi “forse” ha preso il pallone un po’ colle mani e “forse” un po’ co’ piedi.
Ripeto: “forse”.
Poi “al seguro” ha lanciato l’affare tondo a scacchi (che po’ ditimi come fa a èssici un affare “tondo” con li “scacchi”: come farebbero a ‘un ispaccassi l’alfieri, i ppedoni, le tori, la regina che è lunga… mah) e l’ha tirato alla “barù” nel marasma di mani, teste, corpi e ‘ppiedi che brulicavino l’area avversaria; gente messa come ppitorini nel nido che aspettino il becchime da su’ ma’ e su’ pa’ a becco spalancato.
Ovviamente il geometra ha sbagliato il lancio, l’ha fatto troppo lungo, il portiere avversario (un rappresentante di commercio che gioa a pallone alla moviola, il sig. Rossi) ha ovviamente sbagliato il tempo dell’uscita, ha provato anche a saltà ma vi potete immaginare quanto avrà saltato… tutta vell’altra caterva di gente che era arunata nell’area di rigore (mi venghino in mente anche i pupazzetti verdi con tre occhi di Toys Story dentro il gioino con la monetina) ha cercato di fa’ qualcosa ma il pallone è andato proprio dentro.
Gò! 3-3! No 3-2! No 3-3…
Da esse un insieme di tredici persone ancorchè mistiate, sparpagliate e aggrovigliate in campo, questo gruppo di ultraquarantenni più o meno obesi si è scisso di stianto in due unità nettamente distinte: in sei han detto che era gò, in sette che ‘un era. Ma te guarda caso…
Per un effetto camaleontico a quelli che avevino le casacche rosse ni si sono accentuate le sfumature tendenti al rosso, a quell’altri alla rovescia: ni risaltavino tutti i colori addosso tranne che il rosso.
Ma te riguarda caso…
Un momento prima del rinvio èrino la Yugoslavia, un momento dopo la Serbia e la Bosnia...
“Alle volte-il-Ghiaule” come dice la mi’ nonna: il caso ha voluto che proprio in quel momento fra il “sì, è gò” e il “no, ‘un vale” arrivasse il segnale automatico che la partita era finita: è entrato uno di velli dopo e ha detto “basta, fori… tocca a noaltri”.
Con un’atmosfera che al confronto Stephen King è un autore di testi per lo Zecchino d’oro, i duellanti sono rientrati in fretta nello spogliatoio ma l’avrebbe visto anche Steve Wonder che era muro contro muro.


MAX MALF CERCA IL SINISTRO A RIENTRARE

C’è chi l’ha messa sullo scazzo, chi taceva, chi diceva che “non ricordava nulla” e faceva “ntz” in modo omertoso alzando la bazza, chi alzava la voce, chi ‘un era neanche rientrato nello spogliatoio (perché faceva la doccia a casa o c’erin delle tope da fanni le lastre fori) e chi ‘un era rientrato in fretta (in “fretta”… il Rossi, come avrebbe potuto…), addirittura qualcuno ha fatto intervenire l’arbitro della partita dopo facendoni dire segondo lu’ chi aveva ragione (diceva che era gò - come se l’arbitro della partita dopo fosse a conoscenza delle regole del Pandorito…), e un altro ha fatto entrà nello spogliatoio un ragazzotto che, dietro non si sa quali pressioni o promesse, ha anch’egli detto che “era gò”.
Nel marasma generale il geometra era arivato a di’ che ‘un poteva avella toccata colle mane perché era un quadrupede, Alberto ni dava ragione, il Tucci ci stava pensando, il Pardini s’era legato l’asciugamano al billo e sragionava, il Donzy s’era lanciato in un panegirico che ripercorreva tutti i torti arbitrali subiti da quando gioava nell’allievi della Stella Rossa insieme al Dorelli-Sodone, il quale invece, con la fronte in fase di scivolamento per il gò sbagliato, si stava domandando fra sé e sé perché non riusciva più a fà le finte al Tucci, Beppe se lo stava lavando col bruschino novo (a vello vecchio ormai n’aveva ammorbidite le setole), quando improvvisamente Francè, l’ex cuoco dell’Odessa, carpendo l’attenzione di tutti con un gesto bovino (a scrive “felino” ‘un ce l’ho fatta) è montato sul tavolaccio (s’è fatto aiutà da due per la trinchetta del culo), ha spaccato una strana boccetta in tera e con l’occhi a mmatto, che pare Dustin Hoffmann imbruttito che interpreta un pluriomicida di bamboretti, ha detto la frase magica: “Dove non c’è guadagno…” e tutti vell’altri come automi interrompendo azioni e pensieri di getto all’unìsono: “…la rimessa è certa!”.
E Francè ormai padrone dello spogliatoio sentendosi come nella cucina dell’Odessa col tagliere, la mezzaluna, l’aglio, l’odori e le bracioline impanate da frigge: “propongo di riunì il consiglio federale per decide”.
Nessuno ha avuto la forza di reagì e in un amme siamo arivati al dunque: al consiglio federale.
 
 

IL CONSIGLIO FEDERALE
C’erin guasi tutti.
Era una ‘osa troppo delìata per mancà: c’era da decide se era 3-2 o 3-3 e se era il caso d’applicà qualche regola in più delle tre o quattro che vengono normalmente rispettate:
1) si gioa co’ un pallone solo.
2) due squadre sole e una porta per uno.
3) quando è buio vogliamo la luce.
4) chi ‘un viene dopo a cena è un peoro (per quelli peori davero non c’è esenzione perché tanto son peori lo stesso ma almeno stanno insieme con l’amici…).
Saputa la levata nello spogliatoio di Francè, Gianni-Saddam-Vasein assume subito la presidenza assoluta della assemblea nominandosi anche segretario e primo scrutatore. E per dimostrà che è il capo sona il campanello, si apre la porta, si dice permesso, si dice avanti, s’accomoda, ordina il caffè e se lo fa.
Il Mano, arivato in orario (combinazione quel giorno lì Stream e Tele+ avevin soppresso i filmi porno), si autopropone come “scrutatope”. Il Barsi si offre subito per aiutallo.


IL TURO RIFLETTE SUL DA FARSI DURANTE IL CONSIGLIO FEDERALE

L’assemblea, conoscendo i tipi, nicchia ma Gianni autorizza e fa l’appello.
Assente giustificato: Jimmy Omolade tornato per un po’ in Africa a sculaccià i macachi per ‘un perde l’allenamento.
Nelle prime file si notano il Tucci, che armeggia con la televisione che ‘un funziona (“porca madosca, dev’esse un programma “crippato”), il Pezzini perennemente immerso col naso e tutto nel su’ telefonino e il Pardini col trenci che alterna momenti in cui è distratto a momenti di assenza cerebrale assoluta.
Marmo Magno si sistema su una da tavola da stiro sottratta alla Daniela, ci si sdraia sopra e Albertone ni c’appoggia i ppiedi per stiranni la stiena.
L’Ambrogi, il Chillè e Marietto si sistemano nel miniclub.
Tutti vell’altri ragionino per i ccazzi sui, si danno i frontini e parlino delle tope.
L’Aiazzi dell’Inter.
Il Poli si mette a servì i drink.
Gli interventi si alternino guasi democraticamente, ognuno dice vello che pensa tanto ’un ascolta nessuno.
Il Marco-Pardini ‘un ce la fa a dì neanche vello che pensa.
Darietto pensa forte di sinistro
Marietto ‘un pensa..
L’ermetico Francio va al microfono, dice: “forse” e poi “Non sono sicuro se “forse” va bene” e torna a sedè.
Il Pepo ni dà torto e si rimette a legge la Gazzetta.
FabioX legge un libro, e il Tucci ni chiede “di chi è?” e Fabio “di Dostojevsky” e il Tucci “te l’ha imprestato?”.
Anche il Giorgetti legge un libro di Dostojevsky “L’idiota” e Marietto, senza fassene accorge, guarda le figure per vedè se c’è la su’ foto. Il Giorgetti ci trova la sua e allora chiude subito il libro.
Il SireSodini, che come drink ha preso un ponce alla livornese e come salatini s’è fatto porta un coniglio in umido, c’ha un librone un po’ più grosso del normale la cui copertina recita “Storia degli algoritmi negli elaboratori elettronici” ma è solo la foderina perché dentro c’ha rilegato l’album de’ ffigurini Panini 1972/73. E’ nervoso perché ni manca Ginulfi.
A Beppe ni manca Mascalaito del Verona ma ‘un è nervoso, è con quell’altri dell’Odessa (Carlino, MaxMalf MarcoPardini e Ale-Pancaro) a studià strategie per le tope.
Ma fan pogo.
Il Barsi, per deformazione professionale, c’ha l’albu de’ ffigurini di marmo: ni manca la lapide del Torino.
Il Rossi invece c’ha l’albu delle ricevute e ‘un trova quella dello Snitz ma in compenso ce n’ha 26 di Barabba.
Anche l’Ambrogi c’ha un libro ma ‘un lo legge: ci monta sopra per vedè meglio che succede ad altezza d’omo.
Il Donzy è nell’orto con Marmo e si esercita tirando le pallonate contro il portone. Marmo, invece, aggiorna il pallottoriere dove segna le reti partita per partita, anno per anno: ma ni bastino poghe palline.
Quando s’ariva alla votazione del 3-2 o 3-3 viene fori un casino: urli, spintoni, strangolamenti…
Carlino ni picchia sulla spalla a Francè, quella dove ni s’è stiacciato il tendine a cascà col motorino da fermo, e lu’ lo manda in culo “…con tutta la bundesliga di merda”.
Il Donzy tenta di ritirà una pallonata a Gianni nel mignolo mentre quest’ultimo cerca di ristrangolà Marietto il quale rilitiga col Donzy che ritenta di tirà una pallonata a Gianni nel mignolo che cerca di ristrangolà Marietto che ritiga col Donzy che…
E qui si verifica la svolta: Francè con un altro balzo suino, riaiutato da due o tre energumeni, rimonta ritto in piedi sul bancone, tira fori stavolta un boccione grosso con scritto “Wolf’s shoes extract” e lo spacca in tera in mezzo alla stanza captando (per il Tucci “cappando”) l’attenzione dell’assemblea.
Mentre la nauseabonda sostanza inizia a sprigionarsi dal boccione, il Pardini, che solitamente non pone domande, ni dice “Allora? Com’è? Ma che fai? Perché? O come t’è venuto in mente? Lo sai che ore sono? Chi? Che ha fatto la Fiorentina? Come mai? Dove sei? Me lo ordini un ameriano? Che hai rotto? E’ la stessa boccettina che hai rotto nello spogliatoio?”.
Francè ce la fa a rispondini solo all’ultima domanda anche perché dalla prima erin già passati dieci minuti e se l’era scordata: “Sì, è un topeo chimico che ti fa esse vel che sei davero e ti fa di’ la verità, perché tanto se ‘un si fa così… si sta qui e si perde del tempo… e il tempo è denaro… e dove ‘un c’è guadagno la rimessa è certa!”.
In effetti si leva una nube color verde ramarro come la tuta dell’Aiazzi e i contendenti comincino a sentinne l’influsso: la trasformazione è iniziata.
Ognuno va verso la propria vera identità, verso la verità assoluta.
A Albertone i ppiedi ni diventino du’ tavole da surf e il billo un boma, il Pezzini diventa un Free, a MaxMalf ni sembra d’esse Zucchero e il Poli lo tuffa nel rhum e ci fa una caipirigna; il Sire la vol beve.
Marietto è preoccupato perché non trova più il panierino per andà a scuola, Beppe il grembiulino. Il Pepo piange perché non riesce a fa’ le sottrazioni a du’ cifre.
Lorenzo, che ha sparso il virus della SCARS in Cina, si svela: io sono Michelangelo Buonarroti. Antonio io invece sono Ugo Foscolo.
L’Ambrogi dice d’esse Martiradonna nel ‘69/70 col Cagliari che sta per vince lo scudetto.
Il Rossi tenta di montà in piedi sulla finestra e dire “Più veloce della luce!” ma non ce la fa, casca si sbuccia tutti i ginocchi e allora resta giù comunque soddisfatto perché, giorni or sono, ha fatto il record personale nei 100 metri: 38”15 ventoso in discesa.
Il Tucci si spoglia nudo e dice: “Eriberto, quello del Chievo, era Luciano… anche perché Eriberto vero sono io” e si indica l’enorme fava nera che lo contraddistingue.
Il Chillè è in estasi e “vede” il Guidotti che sta tenendo un corso universitario di alta specializzazione su “psicologia ed auto-controllo nelle relazioni esterne specialmente nel mondo della ristorazione”.
L’Aiazzi invece, neanco sotto l’effetto del fluido della verità capitola: “non è vero, lo giuro, non l’ho toccata con le mani, è 3-3” e ni cresce anche il naso.
Francè, ormai ultimata la mutazione, si è ritrasformato in un personaggio di un quadro di Menghino (quelli che c’hanno le nocche delle mani che pàrino frustine), esulta: “La boccetta ha funzionato! Sono il meglio chimico del mondo, sono il meglio pasticcere del mondo, il meglio cuoco del mondo, il meglio…”. Ma il Francio, ormai diventato un punto interrogativo, lo interrompe: “Chi cazzo me l’ha prese le scarpe che avevo lasciato quest’estate in gabina?”
Irrompe la polizia, il Consiglio Federale è sospeso.
L’ultimo risultato che s’era sentito dì è il 3-3 dell’Aiazzi.
E rimane.
La seduta è tolta.
I punti a chi aveva vinto anche.
Il Pezzini obbedisce.
Ingiustizia è fatta.